Cosa resterà di questi anni, ho tanta…

La prima fase della protesta degli indignados di Madrid e di tutta Spagna sta per concludersi tra assemblee senza fine, mancanza di consenso, difficoltà di organizzazione e perdita di quell’appoggio popolare così caratteristico delle prime due settimane di manifestazioni e concentrazioni.

L’ago della bilancia, quella mano invisibile che ha bloccato la polizia ai lati delle piazze e che qui ha messo stranamente in bocca ai politici parole come “Comprensione” o “Responsabilità” è ed è stato la società civile. Società civile di tutte le età, che ha preferito non delegare e che è scesa nelle piazze anche solo per informarsi o per portare caffè, cornetti o frutta a chi passava la notte in un sacco a pelo. Opinione pubblica apartitica ma non apolitica, schiacciata dal peso della grave crisi economica spagnola e dall’incredibile tasso di disoccupazione giovanile che ha oramai raggiunto il 45%.

La stessa società civile che è stata per più di due settimane il motore diesel delle concentrazioni e delle rivendicazioni sembra invece oggi abbandonare la piazza, stanca ed annoiata dalla macchinosa logistica delle attività, dalle assemblee interminabili (non si decide a maggioranza, bisogna raggiungere il consenso), dalle acampadas rinchiuse in se stesse, non aperte verso l’esterno.
In mancanza di una nuova spinta o senso pragmatico il movimento degli indignatos morirà.

Dall’interno c’è anche chi vorrebbe far diventare questa piazza un luogo di martirio: un’occupazione ad oltranza non potrà infatti che sfociare in un intervento, violento o no, dell’autorità pubblica. Quasi un mese di straordinari esperimenti sociali in salsa europea verrà così buttato nella spazzatura indifferenziata. I media non faranno altro che parlare dello sgombero degli ultimi manifestanti rimasti e quella stessa opinione pubblica che un tempo aveva appoggiato le concentrazioni si riterrà fortunata per aver abbandonato in tempo la piazza.

Dal 15 maggio ad ora non sono mancate invece le proposte, le idee: il movimento degli indignados ha iniziato ad estendere il proprio raggio d’azione inaugurando assemblee nei diversi quartieri delle città spagnole, ad elencare linee guida politiche, a proporre sì uno smantellamento graduale delle acampadas ma parallelamente un rafforzamento della presenza sociale e civile di questa enorme schiera di persone.

L’opinione pubblica spagnola ha dimostrato un grande senso di mobilitazione ed una splendida sensibilità critica e politica. Tornerà a manifestare il 19 giugno con un’altra grande manifestazione nelle principali città spagnole (qui quella di Madrid). Parliamo questa volta però di cortei in movimento, che abbracciano i quartieri e che vengono abbracciati dalla gente, in un tentativo di rimettere la società al centro della discussione.

Le concentrazioni nelle piazze spagnole e la storica piazza di Madrid non devono essere l’obiettivo o la sola bandiera di un movimento che per vivere non deve assolutamente restare fermo nell’autocelebrazione di uno spazio pubblico riassegnato al suo ruolo originario. La sfida degli indignados spagnoli è ora questa: trasmettere e rendere concrete le proposte, gli slogan, i sorrisi.
Inizia una bella scommessa, cosa resterà di questi anni, ho tanta voglia di scoprirlo.

Per approfondire:

 

 

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